Descrizione
Baudrillard lancia la sua sfida. E ha il segno di un discorso che alza il tiro ed emancipa la critica della pubblicità dagli imperanti luoghi comuni.
Dove ci porterà questa pubblicità?
Innanzitutto, dice l’apocalittico francese, si può chiamare pubblicità qualsiasi operazione che trasformi un oggetto o un’idea in uno scambio simbolico fra noi e una madre che cerca di tranquillizzare il suo bambino.
La pubblicità è la volgarizzazione di un desiderio fusionale, la ricerca di una felicità impossibile ma vissuta magicamente come vera.
Ma la pubblicità può definirsi stupida o, viceversa, intelligente?
È un dilemma ritornato alla ribalta anche attualmente. Molti pubblicitari cercano soluzioni intelligenti. I propositi sono buoni, solo che giocare con i termini stupidità o intelligenza, oppure buono o cattivo, secondo Baudrillard, è un modo solo in apparenza differente di collocarsi nel teatro delle merci.
La pubblicità vende uno psicodramma quotidiano e noi la viviamo come totem, un segno al di là della morale, del religioso, del politico.
Essa è, e sostituisce, tutti questi mondi. La pubblicità ha la vocazione di svelare tutto, perché tutto si comprenda e si desideri ma niente si possa amare, niente possa essere mome
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